Quest: La Chimitex

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  1. RoxasDark
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    La Chimitex


    Dio ha creato l'Uomo per gioco,

    leggemarziale

    da sempre l'Uomo gioca a fare Dio



    Sono passati 20 anni ormai, e le emissioni della Chimitex si sono diradate 15 anni fa. Nel 2040, nessuno ormai ricorda il Kumo-9 e gli effetti devastanti che ebbe sulla popolazione e a Tokyo: in un primo momento semplici o mostruose allucinazioni, e poi il coma, che terminava nella maggior parte dei casi con la morte. La città era perennemente buia , una gabbia di morte e di cemento.
    Non si possono contare le vittime che vi furono, ne quantificare le conseguenze a cui tutto quello portò, ma alla fine, ogni male viene al mondo per sparire, ed anche il Kumo-9, sparì.
    Nessuno sa con certezza cosa vi sia nella zona proibita decretata dalla Majestic, c'è chi dice che vi siano degli ufo, dai quali vengono estrapolate le tecnologie che permettono le modifiche delle persone al giorno d'oggi. Altri dicono che vi sia un laboratorio segreto dove vengono sviluppate armi biologiche di terribile potenza e portata, altri ancora pensano che sia la casa di un'umanità elevata, di Modified di livelli mai visti, e c'è chi dice che sia il laboratorio in rovina, di qualche antica azienda chimica...
    Nessuno lo sa, la curiosità serpeggia fra la gente, e la paura delle pene che la Majestic impone a chi prova a scoprirlo, spaventano la popolazione a tal punto che nessuno osa tentare di addentrarvisi.
    Proprio nessuno? Chi lo sa...



    Numero partecipanti massimi: 4
    Posti liberi:
    Premi: 50 EXP
    - Elysia Von Ravenclaw
    - Shin Mokuma
    - Drake Satoshi
    -Sherlock Mayer




    Edited by RoxasDark - 29/5/2012, 16:46
     
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  2. Elysia Ravenclaw
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    StemmaElly

    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Elysia»



    ???

    20 anni. Erano passati 20 anni.
    Ricordo ancora quel giorno. Lo ricordo come fosse stato solo poche settimane fa. Ed odio ammetterlo, ma si potrebbe quasi dire sia stato così.
    Ricordo bene il volto di quell'uomo. Ricordo bene il modo in cui si rivolse alle masse, parlando dell'oscuro fumo che li avrebbe uccisi tutti. Cercava di calmare le persone, ma probabilmente altro non era che una pedina sacrificale, lanciata lì da politici ben più furbi e corrotti. Un agnello privo di carisma, lanciato in pasto a delle persone che esigevano non delle futili spiegazioni, ma null'altro che la propria salvezza. E lui... lui parlava di quel veleno e dei sintomi che attendevano tutti, ma non una parola su come sopravvivere a quella calamità.
    Eppure, quella gente era in un qualche modo fortunata. Probabilmente quel fumo non era comparso così, dal nulla. Molti di loro, senza nemmeno accorgersene, si erano abituati al veleno che respiravano ed avevano iniziato a contrastarlo. Certamente qualche caduto doveva esserci, magari i più deboli, chi era già malato, o chi era troppo giovane.
    Ma per me... per me fu diverso. Io venivo da fuori. Da lontano, dove quel miasma non era mai giunto prima. Ed in poche ore, mi accorsi di essere già preda del veleno. Prima di poter fare qualsiasi cosa persi lucidità, e non conobbi altro che agonia, per poi perdere i sensi.
    Quel che accadde dopo, di preciso, non l'ho mai saputo. Qualcuno provò a curarmi, ma non solo quello. Mi fecero qualcosa. Qualcosa che non avrei mai voluto. Qualcosa che non posso accettare, che non accetterò mai. Qualcosa che sarò costretta a portare con me, fino a quando non troverò soluzione.
    Dicono che non esista.
    Frottole, io la troverò.
    Ma prima, prima di tutto, c'era qualcos'altro che andava fatto.
    Venti anni volati via, scivolati tra le mie dita come granelli di sabbia.
    E la verità è che oggi, ora, ho deciso di volerli indietro. Di riprendermi tutto ciò che mi hanno strappato.
    Leggi? Divieti? Non mi interessa. Non mi interessa affatto.
    Io voglio capire. Io voglio SAPERE. E' un mio diritto. Chi mi ha avvelenato? Come? E soprattutto, perché?!
    Soldi? No, non ci credo. Nessun imprenditore avvelenerebbe i suoi clienti. Non ci ho creduto nemmeno per un istante. Ci doveva essere qualcosa dietro.
    Qualcuno aveva rubato venti anni della mia vita. Ed io... io esigevo il mio risarcimento.

    I miei piedi si muovono svelti, rapidi. Cerco di fare silenzio: il mio naso mi aiuta, mi dice che non c'è nessuno lì vicino pronto ad ascoltarmi, ma non lo nascondo: ho paura. Dopo tutto ciò che mi hanno fatto, temo cos'altro potrebbe accadermi. Eppure, la risoluzione non manca.
    Sono passata davanti a quelle strade molte volte, ho studiato l'esterno: non è difficile infiltrarmi nella maglia della sorveglianza, eludere i controlli, ed avvicinarmi alla meta.
    Una zona chiusa, con divieto d'accesso. Nessuno ha certezze, nessuno può o vuole parlare, ma io sono brava a fare i miei compiti a casa. I miei assassini si trovavano da quelle parti. Era la posizione più probabile.
    E cosa c'è di meglio di un covo in disuso per trovare le risposte che cerco?
    Si dice che il tempo faccia dimenticare, ma nel mio caso, sono sicura che il tempo che passa mi svelerà la verità.
    Non so cosa mi attende oltre la breccia in cui mi infilo, ma... sono ansiosa di scoprirlo.
     
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    Shin Mokuma | 信 目まimmmy18 ANNI | MODIFIED-Z | FEMMINA♀ | SCHEDA Reiko aveva colto dalle acque di un fiume Shin, una fredda serata di dicembre, e ne aveva avuto cura. Le aveva dato quell'affetto che i suoi genitori non le erano riusciti a donare. Shin non osava nemmeno chiamarli "genitori": in primo luogo, non li considerava tali, e poi sapeva quanto faceva male a Reiko. Da piccola aveva visto e sentito ogni sussulto del cuore della donna, tutte le volte che, con aria innocente, lei chiedeva se la mamma sarebbe stata contenta di un gesto, piuttosto che un altro.
    Con l'andare del tempo aveva perso l'abitudine di pensare alla donna che l'aveva lasciata in pasto alle onde gelide del corso d'acqua, mentre aveva preso quella di chiamare la donna che invece l'aveva salvata con il nome che si meritava, mamma.
    Ma la verità era un'altra. La verità è che Shin non ha mai smesso di soffrire, nemmeno questa notte, nemmeno sotto le stelle, nemmeno ora che, da sola, si avventura per Tokyo senza curarsi della strada.
    ~•~
    Camminando, Shin non si accorse nemmeno di aver superato il distretto B, nel quale i cittadini erano confinati, per varcare la soglia di ciò che era il distretto A, strettamente privato, sotto alcuni punti di vista. Di quel posto, erano due i luoghi aperti al pubblico: l'Ospedale e il Laboratorio Centrale, quest'ultimo chiuso di notte. Tuttavia, si ricordava abbastanza chiaramente delle mura candide della clinica che sfrecciavano dietro di lei, mentre correva in lacrime.
    Ora si trovava semplicemente seduta tra delle macerie, alcune ammucchiate a formare una specie di torre. Intorno ad esse, spiccava nitidamente il nastro della polizia, vecchio di chissà quanto - ormai le forze dell'ordine tenevano lontani i curiosi tramite dei teaser automatici posti intorno alla zona del delitto, che offrivano una poco gentile scarica elettrica a chi li sfidava passando oltre.
    Si asciugò le lacrime, e incuriosita cominciò a gironzolare tra i relitti di un'antica costruzione, decisa a scoprire qualcosa. Amava i misteri, e quel posto arcano era ciò che serviva per tirarle su il morale.
    Tuttavia, non fece in tempo a muovere una decina di passi, che un'ondata di rabbia la investì, facendola cadere in ginocchio. Da dove proveniva...?

    STARRED BY MISAKI MEI (ANOTHER) - © ‹yuüko›

     
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  4. RoxasDark
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    Drake Satoshi | ドレイク聡 jpgANNI | TIPOLOGIA PG | SESSO | SCHEDA

    Non potevo crederci, mi avevano congedato per una settimana, una lunga settimana lontano dalla caserma, per il mio bene dicevano, ma io non ne avevo affatto bisogno.
    Tre giorni prima, durante un incendio, non ero stato in grado di salvare una bambina, che mi era morta davanti agli occhi, certo, era stato orribile, ma io non avevo nessun bisogno di una pausa.
    E invece, secondo lo psicologo quell'episodio poteva scatenare in me uno shock post traumatico, tutte palle...
    Ultimamente ne capitavano parecchi di incendi, colpa del gruppo di opposizione alla Majestic, i ribelli, e noi pompieri dovevamo fare gli straordinari, per di più con il costante pericolo di venire attaccati da qualche ribelle.
    Era tarda serata, stavo camminando pigramente per strada, riflettendo sull'episodio, senza neanche curarmi di dove andassi, superai il Distretto B e mi incamminai a passo lento nell'A, senza curarmi della strada che prendevo.
    Dopo qualche minuto di camminata e di riflessione, andai a sbattere contro qualcosa di morbido, sulla quale mi ribaltai, cadendo in avanti di faccia e rotolando a terra con stupore...
    Ma che diavolo...
    Pensai voltandomi a guardare in cosa ero inciampato.
    Davanti al mio naso sventolava pigramente un nastro giallo tipico della polizia di anni addietro, con scritto a grandi caratteri un No Trepassing nero.
    Sembrava essere abbandonato i da un bel po, probabilmente nessuno si era mai curato di toglierlo, ma dov'ero finito?
    Rialzatomi mi guardai attorno, sorpreso dalle rovine che mi circondavano, ma che razza di posto era? Mi incamminai curiosamente fino a che, poco più avanti, non scorsi la figura esile di una giovane ragazza, stavo per avvicinarmi quando quella cadde in ginocchio, e, beh, un pompiere dev'essere sempre pronto ad aiutare chiunque, perciò mi precipitai in avanti, affiancandomi a lei e poggiandole amichevolmente una mano sulla spalla.
    Ehi... tutto bene?
    Chiesi scrollandola appena, fissandola appena preoccupato.

    STARRED BY PRESTAVOLTO (MANGA/ANIME) - ©

     
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    “L'insonnia. E' qualcosa di estremamente comune. Cos'è il sonno, posto di fronte ad una routine così amara? Perché, noi esseri umani, così frenetici, dovremo fermarci a dormire? Perdere del tempo prezioso che potremo dedicare al lavoro, per terminare una tesi o pensare alla prossima imminente riunione. Perché dovremo seguire le regole di madre natura? Così avanzati tecnologicamente da poterci completamente discostare dalla ragione divina. Ci sentiamo veri dei di fronte al nostro grigio operato. Che il nostro fine ultimo sia eliminare le emozioni e diventare robot di metallo e cavi elettrici? Ci distingueremo così nell'universo? Ammassi di metallo senza cervello che vivono per dominare sugli altri.
    Se questo è vero preferirei morire.
    Se questo è vero, perché dovrei fermare questa tosse?”

    Pensava a questo, Sherlock, mentre goccioline di saliva mischiate a qualche spruzzo di sangue, macchiavano il candido bianco del lavandino. Ogni colpo di tosse le faceva tremare il busto, salendo impetuoso verso la bocca, come colpi di frusta sul proprio torace, l'agente Mayer si abbandonava al dolore della gola che bruciava e l'interno suono dei polmoni che si sgretolavano. Era un suono così umano. Quando si trovava a vomitare sangue di fronte allo specchio e alzava lo sguardo, fermandolo sulle labbra sporche di rosso, si sentiva molto più umana di tutti gli altri 6 miliardi.
    Eppure l'insonnia attanagliava anche lei. Che, probabilmente, come gli altri 6 miliardi, preferiva lavorare piuttosto che sprecare quel prezioso tempo.
    Dopo essersi pulita le labbra con dell'acqua di rubinetto, raccolse le sue cose – che si limitavano a poche cose essenziali, come la pistola, fissata nell'apposito spazio alla cintura, una torcia, il telefono cellulare e le chiavi della macchina. Sicura di non aver dimenticato niente, si chiuse alle spalle la porta di casa e dopo qualche giro in macchina si fermò di fronte all'entrata del distretto A. Se non fosse stato per un'ombra che si era fermata oltre il distretto, non avrebbe mai parcheggiato lì incuriosita, non ne avrebbe avuto nessun motivo.
    Spense i motori, chiuse lo sportello con delicatezza per non fare rumore, dopo aver preso dall'auto tutto ciò che le serviva e destreggiandosi bene grazie alla luce dei lampioni e di un'esperta visione notturna si avvicinò a due voci provenienti da altre due ombre. Il distretto A era un distretto riservato se non per due edifici pubblici, era vietato entrarci, sopratutto di notte.
    Poteva trattarsi di due ribelli. Sentì il calore che le pulsava nelle vene, così si affrettò ad impugnare la pistola e ad accendere la torcia puntata contro le due figure. La pistola era tenuta dalla mano destra, mentre la torcia dalla sinistra posta esattamente sotto il polso della destra in orizzontale. La sua voce suonò immediata e sicura, senza un accenno di titubanza « Cosa ci fate qui? Questo è un distretto riservato. » non urlò ma non sussurrò neanche.
     
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  6. RoxasDark
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    Allora, come ho già detto nella quest della legge marziale, spesso i post da quester saranno solo delle direttive, e ogni tanto delle narrazioni che porteranno un po avanti la trama, quindi ora ecco le direttive:

    -Elysia continua da sola il suo viaggetto semi-interiore, e ci incontrerà dopo, per intanto si avventura in solitaria fra gli SPAVENTOSI corridoi della chimitex, fra rumori non identificati e lucette che si accendono da sole

    -Shin, Drake e Sherlok ormai si sono già incontrati xD, quindi, vediamo semplicemente come si risolve la situazione, nessuno però deve sparare o incendiare (parlo per me xD) nessuno, vediamo di non ammazzarci a vicendoa solo al secondo post^^


    Buon gdr^^
     
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  7. Elysia Ravenclaw
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    StemmaElly

    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Elysia»



    Distretto A;
    Macerie

    Supero la rete di ferro, anche se ammetto sia stata un'esperienza intensa: non sapevo fosse elettrificata, e lo scopro in modo sgradevole quando un lembo del vestito sfiora il metallo: un piccolo schioppo ed odore di bruciato. All'inizio mi chiedevo come mai il buco fosse così stretto, ma ora credo di aver capito perché chi ha iniziato l'opera non l'ha portata a termine. Ma non posso lamentarmi: grazie al contributo di questo misterioso benefattore, ora sono dall'altra parte. Ed una volta lì inizio a correre, più rapida che posso: ormai è fatta, non ho mai visto nessuno addentrarsi oltre quel confine, e dubito seriamente inizieranno a farlo oggi, quindi preferisco tenermi quanto più lontana possibile dal giro di ronda. Sono abbastanza sicura che nessuno fosse abbastanza vicino da aver sentito il rumore, ma mi faccio comunque un severo appunto mentale: niente più errori stupidi.
    D'altro canto, scoprire che la zona è protetta da una rete elettrificata mi galvanizza non poco: significa che da quelle parti c'è qualcosa da nascondere, che la mia pista non è sbagliata. Forse, per la prima volta, sto per ottenere qualcosa di concreto in questa dannata città.
    Ma è troppo presto per dedicarsi ai festeggiamenti, e soprattutto non voglio che l'euforia mi renda cieca ai pericoli, per questo mi fermo un attimo, nascondendomi nella penombra, e mi concedo qualche istante per fare mente locale. Eppure, questo non basta ad impedirmi di fare un altro sbaglio: mossa dal desiderio di scoprire se ci sia qualcuno nelle vicinanze faccio il banale errore di affinare i miei sensi, e violenta ed immediata la mia punizione mi travolge, abbattendosi su di me senza mostrare alcuna pietà. Dolore, ecco cosa provo: su tutto, troneggia un sordo dolore che rischia di farmi perdere conoscenza. Senza capire come o perché, quando finalmente un po' di quella sofferenza si dirada assieme alla nebbia che ovattava i miei pensieri, mi ritrovo seduta in terra, piegata su me stessa.
    So di aver perso del tempo prezioso, e mi maledico, poiché non è la prima volta che faccio questo errore. Purtroppo tendo a scordare l'anatema che hanno gettato su di me, tendo ad illudermi di poter avere una vita normale, o forse vivo nel ricordo di quando la possedevo, e le vecchie abitudini sono dure a morire.
    Τυναισθάνομαι, questo è il nome della mia maledizione, della croce che qualcun altro mi ha messo sulle spalle. Ed io sono qui per scoprire tutto, per scoprire come è iniziata, per sapere. Mi alzo, forte della mia brama, e dove non può la volontà sopperisco con il rancore: le mie gambe tremano, mi suggeriscono che è troppo presto per spostarmi, ma non posso accontentarle, la notte è breve e quanto potrò scoprire dipende da quanto in fretta mi muovo. Per un po' lascio che sia l'odio ad animare quei passi incerti, so che quel sentimento non mi tradirà, che mi consentirà di giungere alla meta, ma quel che mi sfugge è che la mia salvezza altro non è che il tormento di qualcun altro.

    Lo ammetto, non la percepii subito. Quindi col senno di poi posso dire che è colpa mia se quella ragazza cadde. Ma mi accorsi di lei solo dopo.

    E' un rumore secco quello che mi mette in guardia: all'improvviso, per un attimo, sono riuscita a tastare la presenza di qualcuno. La tensione sale leggermente: so che non si tratta di un oggetto, non era abbastanza rigido, quindi le ipotesi sono due, o è una persona, o è un animale. Non posso che sperare con tutta me stessa che sia la seconda, l'ipotesi che si concretizzerà, ma non mi concedo il lusso di abbassare la guardia mentre, lenta, mi sposto cercando con lo sguardo attraverso le tenebre. Ed a ragion veduta, poiché la malasorte oggi pare essere mia compagna di viaggio: è una persona. Ed è grande abbastanza da poter essere una delle guardie.
    Forse dovrei cedere al panico, ma non ci riesco: sono giorni che pianifico questa intrusione, e mi sono preparata mentalmente a molte eventualità. Questa era tra le più rosee: l'estraneo pareva essere caduto a terra, e non era voltato verso di me. Sebastian si sarebbe preso buona cura della nuova conoscenza, sapevo di essere in buone mani: NESSUNO aveva mai avuto da ridire. Mai nessuna lamentela, dopo.
    Inizio a pensare a qualche possibile preghiera da recitare per onorare quella persona, domandandomi quale fosse la cultura locale e se dovessi seguire strani riti, ma quando mi avvicinai un po' di più, mi fermai di colpo.
    Una ragazzina.
    Era una ragazzina, e non indossava alcuna divisa. Sembrava una civile.
    Per qualche attimo i sensi di colpa mi attraversano, conscia dell'ennesimo errore che rischiavo di compiere in quella sciagurata notte, ma ancora una volta allontano dalla mente tutto ciò che non sia il mio obbiettivo. E per rendermi la vita più semplice, dovevo sbarazzarmi di quella persona in qualche modo.
    Mi alzo, sistemandomi l'impermeabile per sembrare più imponente e - soprattutto - per nascondere il fatto che nemmeno io ho una divisa, quindi mi avvicino cautamente: il piano è semplice, spacciarmi per vigilante, in modo che la ragazza si terrorizzi e scappi via veloce come il vento.
    Eppure, ecco un ennesimo colpo di fortuna, ed una seconda figura si avvicina alla prima. Il piano rischiava di andare in fumo prima ancora di essere messo in atto. Una breve analisi del secondo giunto, anche lui sembra non indossare divise, ma è un uomo. La penombra, tuttavia, ed i pochi tratti del volto che riesco a scorgere da questa posizione, non mi permettono di capire se quello è il fidanzatino, il padre, il nonno o chicchessia.
    Il dubbio sulla prossima mossa da fare si insinua viscido nella mia mente, ma per quanto ammetterlo sia sgradevole so che il mondo non si ferma solo per darmi il tempo di riflettere, ed i fatti continuano ad accadere senza che io abbia il minimo controllo. Come volevasi dimostrare, questa non è la mia serata: un'altra persona si presenta all'appello, e ciò che mi resta da fare è fuggire, prima che avvicinandosi mi individui.
    Mi abbasso immediatamente, strisciando silenziosa dietro un riparo, e mi metto in ascolto. A quanto pare l'ultimo giunto - una donna a giudicare dalla voce, ma non ho il coraggio di affacciarmi per scoprirlo - ha avuto la mia stessa idea, con la variante però di portarsi appresso dell'equipaggiamento consono: forse è sul serio una vigilante.

    Nessuna fretta, da parte mia; niente movimenti bruschi o rumori di sorta. Per ora conviene seguire la scena da lontano, scoprire il più possibile e tenersi alla larga dalle forze dell'ordine. Soprattutto da questa donna: mi inquieta, mi fa sentire agitata, in pericolo. E dopo un po' capisco anche il perché: chiunque essa sia, ha il sapore del sangue addosso. Lo sento, lo sento chiaramente, tanto da desiderare di non avere la lingua.
    Ho paura, temo che quei due potrebbero non arrivare a vedere il giorno dopo se non stanno attenti. Senza rendermene conto sto già facendo dei calcoli, mentre mi chiedo se dovrei salvarli da quell'assassina.
    Ma no, non ho doveri nei confronti di nessuno. Non sono un'eroina, né sono una donna di carità. Sono solo una ragazza pavida, pavida abbastanza da aver conservato la pellaccia fino ad oggi. E conto di rimanere pavida a sufficienza da conservarla ancora per molti anni.
    Se il fato ha deciso che periranno, così sia. Se quella guardia deve perdere tempo ammazzando due persone, così sia. So già che prima o poi ripenserò a questo giorno, ma so anche come mettere a tacere la mia coscienza: se potrò ripensarci, sarà perché non ho fatto cose stupide prima.

    Quindi, semplicemente, fuggo.
    Striscio via silenziosa, faccio attenzione a dove metto i piedi, non smuovo nulla, e rimango dietro i ripari. Una guardia addestrata è in grado di percepire le ombre in movimento, quindi mi assicuro di tenere la mia ben fuori dal suo campo visivo.
    E mentre cerco una postazione sicura dove fare mente locale, finalmente la buona sorte decide di dispensare misericordia anche su di me: un muro non crollato pare un buon riparo, ma quando lo raggiungo m'accorgo che altro non è se non una parte dell'ingresso alle rovine.
    Finalmente.
    Studio bene cosa ho davanti, mi imprimo nella mente la forma che ha quel posto. Metà della porta automatica è andata, l'anta sinistra è a terra, a pochi passi da me, ed al suo posto ci sono macerie che creano un muro abbastanza compatto. Non posso farmi strada alla vecchia maniera, attirerei l'attenzione. Ma c'è pur sempre l'anta destra: era una porta di vetro, e ciò che ne resta ora sono solo uno scheletro di ferro in parte piegato dal crollo e frammenti di vetro sparsi sul pavimento.
    Ce n'è qualcuno anche vicino alla porta, e sembra anche sufficientemente acuminato, ma non me ne curo: il mio impermeabile è spesso, fin troppo perché del vetro lo laceri. Nessun timore, dunque, nell'infilarmi dentro il poco spazio a disposizione ed entrare all'interno della struttura.
    Non so dove tutto ciò mi condurrà, ma la cosa inizia a farsi interessante. Nel frattempo, mi guardo attorno, e se i corridoi mi dicono poco - mura bianche e pavimento piastrellato grigio, macerie qui e là - l'illuminazione mi colpisce.
    Non so se le luci abbiano reagito alla mia presenza nel luogo o se ci sia qualcun altro all'interno, ma il fatto che un edificio mezzo crollato abbia ancora la corrente è di per sé una scoperta importante. La faccenda puzza.

    Prima di andare avanti, però, devo fermarmi. Le condizioni del posto sono ancora sufficienti, e c'è l'allaccio elettrico. Qualunque sistema di sicurezza ci fosse in origine, potrebbe essere ancora in funzione: farmi beccare da una telecamera del cazzo non mi va proprio, quindi inizio ad armeggiare con Sebastian: la speranza è che ci sia una rete wireless interna in cui potersi infiltrare, altrimenti mi toccherà cercare un allaccio diretto...
     
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    Shin Mokuma | 信 目まimmmy18 ANNI | MODIFIED-Z | FEMMINA♀ | SCHEDA La rabbia che aveva investito la giovane ragazza non sembrava placarsi. Rimase in ginocchio per qualche minuto, lasciando scorrere le lacrime di sopportazione lungo le sue pallide guance.
    Mentalmente, malediva qualsiasi parente della sua famiglia ed il perchè era ovvio: se lei era una Modified-Z, non era stata normalmente modificata. Alcuni dei suoi geni erano semplicemente la copia di quelli di una persona della sua famiglia che probabilmente era stata un Modified-A. Ma lei non sapeva chi fosse a capo di quel "potere", per lei la sua famiglia biologica era un ammasso di fantasmi.
    Mentre piangeva e rifletteva silenziosa, non si accorse di qualcuno, più precisamente un ragazzo, che si avvinava cauto alla sua posizione per poi aumentare leggermente il passo una volta identificata la presenza di Shin - che in effetti sembrava fosse stata colpita da un malore.
    Quest'ultima si accorse della presenza del ragazzo solo nel momento in cui lui le poggiò una mano sulla spalla e la scrollò, chiedendole sinceramente preoccupato se stesse bene.
    Inizialmente Shin reagì spaventata, e questo la fece cadere seduta, all'indietro. Poi, alzò lentamente lo sguardo e osservò il suo interlocutore: era un ragazzo abbastanza giovane, con dei corti e scompigliati capelli biondi che gli ricadevano sul viso disordinatamente. Due grandi occhi azzurri la scrutavano ansiosi e Shin decise che quel ragazzo non doveva essere pericoloso.
    Si rialzò scompostamente da terra, fece passare rapidamente le mani sui pantaloni, prima di fronte a sè e poi sul retro per scrollarsi di dosso terra e polvere.
    <<Scusami...comunque sto bene. Ma qui c'è qualcun'altro...>>
    Aveva pronunciato quelle parole con un tono abbastanza antipatico, a causa del sentimento rabbioso che ancora era presente in lei ma che effettivamente non le apparteneva.
    Si guardò intorno: nessun rumore, nessun classico cespuglio che si muoveva, niente di niente. Sembravano davvero soli, ma Shin sapeva che non era così.

    ~•~

    Shin socchiuse gli occhi lucidi davanti all'improvvisa luce di una torcia. Pochi metri più là c'era la fredda canna di una pistola che minacciava i due ragazzi.
    <<Cosa ci fate qui? Questo è un distretto riservato.>> disse la ragazza, con un tono non troppo silenzioso ma prudente abbastanza per non farsi scoprire da chissà quale altra persona. Sicuramente, come lei, anche quella donna aveva capito che non erano gli unici tre in mezzo a quelle macerie quella sera. Shin lo sapeva perchè era certa che la rabbia non proveniva dalla sconosciuta appena incontrata, che emanava una forte colorazione biancastra che per Shin era sinonimo di coraggio e forza.
    <<Io non so come ci sono arrivata, mi sono persa. >> probabilmente quelle parole sarebbero suonate come una stupidissima scusa alla ragazza, di cui il volto pallido spiccava nel buio. Shin si voltò verso il ragazzo appena incontrato e con velocità informò la donna armata di averlo appena conosciuto.
    <<Comunque, non siamo da soli qui. C'è qualcun'altro...lei ha sentito qualcosa?>>
    Ingenua, dava del lei alla sua interlocutrice per il solo fatto che le sembrava un'agente di polizia, o qualcosa del genere.



    STARRED BY MISAKI MEI (ANOTHER) - © ‹yuüko›

     
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  9. RoxasDark
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    Drake Satoshi | ドレイク聡 (IMG:https://image.forumfree.it/6/1/8/9/1/0/7/13...03652.jpg")ANNI | TIPOLOGIA PG | SESSO | SCHEDA

    Per fortuna la ragazza non aveva avuto un malore, come mi era parso quando l'avevo vista, sembrava più che altro... arrabbiata, la sua risposta infatti fu piuttosto secca, sferzante, ma non me ne curai troppo, magari aveva avuto qualche problema e adesso doveva solo sfogarsi.
    La seconda parte della risposta però mi fece inarcare un sopracciglio, qualcun'altro? Io non avevo visto nessuno, e lei come poteva saperlo?
    L'unica possibilità era che fosse una Modificata con qualche abilità attinente alla localizzazione, me mi guardai dal chiederglielo, certe persone ritenevano le proprie modifiche una faccenda intima.
    Stavo per chiedergli chi fosse la presunta terza persona quando una torcia illuminò il buio, lasciandomi cieco per qualche istante, prima che i miei occhi potessero abituarsi alla luce improvvisa e violenta.
    Cosa ci fate qui? Questo è un distretto riservato.
    Un poliziotto, di sicuro non un agente della Majestic, o ci saremmo trovati puntato addosso un fucile d'assalto, non una pistola, inoltre ci aveva fatto una domanda, non ci aveva ordinato di evaquare, perciò non era di sicuro un soldato delle Task Forces.
    Io mi ero perso, era una cosa così stupida che ero sicuro non mi avrebbe creduto, ma ormai non potevo certo raccontarle qualche balla, stavo per parlare quando la ragazza accanto a me, mi precedette, e, a quanto pareva era li per il mio stesso motivo, ora la mia storia sembrava sempre più una presa per il culo.
    Ehm... si... mi sono perso anch'io... lei era già quì e sembrava star male, perciò l'ho soccorsa...
    Dissi sorridendo esitante, riferendomi alla ragazza.
    Anche se facevo parte dei pompieri questo non cambiava il fatto che la zona era interdetta, e per di più mi avevano sospeso, quindi non avevo nemmeno il tesserino della caserma, quindi non accennai nemmeno al fatto.
    Quando la voce della ragazza accanto a me risuonò di nuovo mi girai curioso, sembrava che ci fosse ancora qualun'altro oltre a noi, e, visto che ci aveva già azzeccato una volta, non avevo niente che mi facesse dubitare che ci avesse azzeccato ancora.
    Per curiosità... perchè il posto è vietato?
    Chiesi buttando un occhiata perplessa alla pistola puntata contro di me, mi metteva leggermente a disagio.


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    Sherlock puntò al torcia verso le due figure, illuminandole avrebbe capito con chi aveva a che fare, era solita studiare il suo avversario prima di fare qualsiasi mossa. Ne studiava ogni più piccolo particolare, il modo in cui si guardava intorno, la mimica dei gesti e quella facciale, il tono di voce ed ogni sua inclinazione. Abituata a stillare profili psicologici di assassini e mal viventi, in poco tempo riusciva ad individuare nelle persone almeno un accenno al loro contorno caratteriale.
    Da prima fermò la luce sul petto della ragazza in modo da illuminarle di conseguenza anche il viso: sembrava una civile, non indossava nessuna particolare uniforme e non aveva cartellini identificativi, capelli neri incorniciavano un viso dal tratti delicati e giovanili, avrebbe potuto avere al massimo diciassette anni, circa. L'espressione dava ad indicare un forte sentimento negativo, lo sguardo corrucciato e le labbra strette. Il modo in cui parlava era fortemente influenzato dai sentimenti e dall'insicurezza.
    In conclusione era impossibile che quella ragazza fosse un vigilante. Era ben preoccupata di trovarsi di fronte ad una guardia notturna. Le possibilità si limitavano a due ed entrambe non le avrebbero fruttato altro che sospetti e indagini – da parte della Majestic, perché era ovvio che dietro a delle macerie protette da filo spinato elettrificato nel distretto A, ci fosse la Majestic.
    Avrebbe potuto facilmente rendere innocua una guardia con un colpo sulla nuca, avrebbe facilmente potuto dire che si era sbagliata credendo la guardia un ribelle, ma il tutto sarebbe stato assurdo e poco veritiero, le indagini l'avrebbero smascherata nel giro di poche settimane. Cosa ci faceva li a quell'ora? Come aveva fatto a non riconoscere una guardia, identificata dalla divisa?
    L'altra possibilità era dire di star inseguendo un fuggitivo nel distretto A, mostrare il distintivo e scusarsi per l'inconveniente. La guardia poteva cascarci, le guardie non hanno mai molto cervello si sa ma alla Majestic non erano così stupidi e avrebbe presto scoperto che nessun fuggitivo era scappato nei pressi del distretto A quella notte. Le domande si sarebbero ripetute.
    Ciò che la preoccupava al momento erano due cose principalmente, una presenza intorno a lei che non riusciva ad identificare e le ronde di vigilanti che costeggiavano il perimetro del distretto A, doveva muoversi e allontanarsi dai posti più a rischio, doveva inoltrarsi nella struttura abbandonata, era improbabile che ci fossero guardie al suo interno.
    Indugiò con la luce sull'altra figura, più alta e più imponente di quella della ragazzina, si trattava di un uomo infatti. Il suo aspetto non era molto austero, sembrava un ragazzino poco più grande dell'altra, con quella faccia angelica. Sentiva comunque di non doverlo sottovalutare. Deformazione professionale? Sesto senso? Nonostante la sua definizione, si fidava del suo istinto.
    Il suo studio del ragazzo venne interrotto dall'apparente civile che si rivolse al lei, spiegando il motivo della sua presenza lì. In caso si trattasse realmente di una civile allora non c'era alcun problema se si era persa, almeno per Sherlock, a lei non importava molto degli altri. Certo era un posto pericoloso e non voleva bastoni tra le ruote. Abbassò la torcia sui piedi dei due tenendo però la pistola sempre alta, puntata principalmente verso il ragazzo dai capelli biondi. « Allora torna indietro, è un posto pericoloso. Basta che segui il perimetro fino a trovare l'uscita – disse indicando con un secco gesto del capo il filo spinato che si vedeva in lontananza – e stai attenta non toccarlo, visto che è elettrificato. » appena finito di parlare, la ragazza continuò sostenendo che “c'era qualcun altro”, Sherlock si guardò velocemente intorno, di fatto i suoi sospetti riguardo un'altra presenza erano appena stati accertati. A vista non le era parso di vedere nessun'altra figura umana, in mezzo a quei detriti però era facile nascondersi. Strinse le labbra e le dita intorno al manico della pistola « A maggior ragione, dovresti tornare a casa – tenendo il braccio teso verso il biondo, li aggirò portandosi alla loro destra, nei pressi di quello che poteva sembrare l'ingresso all'edificio decaduto, mosse la pistola indicando il ragazzo – e porta il tuo amico con te. Io devo svolgere il mio lavoro e non voglio nessuno tra i piedi. » continuò con voce severa, quasi come se stesse sgridando due bambini che si avventurano da soli nella foresta.
    Il biondo che si decise a parlare forse avrebbe fatto meglio a non farlo, perché Sherlock cominciò a seccarsi per davvero « Un altro disperso? » domandò retoricamente alzando un sopracciglio, sospirò quando le pose anche l'altra domanda « Non sono autorizzata a dare certe informazioni ai civili. Dovete semplicemente andarvene e lasciarmi fare il mio lavoro. » questa volta come contorno alla frase sbuffò sonoramente, in verità era lì proprio per scoprirlo, ma rivelarsi a quei due era una buona idea, perché non mentire quindi?
    Aveva voglia di fumare.
     
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  11. RoxasDark
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    Ok, scusandomi se ci metto un poco di troppo a questare, andiamo avanti:
    Ora Sherlock si separa da Drake e Shin, che, inizialmente sembrano essere ubbidienti, ma dopo non possono fare altro che entrare anche loro: yuu, puoi decidere tu nel tuo post se sarà per un attacco di curiosità, o magari xk ci becca qualche guardia della Majestic vera, e non possiamo fare altrimenti, o qualche altro motivo, in ogni caso, dobbiamo entrare separati da Sherlock; che invece, avventuratasi nella chimitex, incontrerà Elyisia^^
    Buon gdr
     
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  12. Elysia Ravenclaw
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    StemmaElly

    Narrato
    Pensato
    «Parlato di Elysia»



    Struttura Ignota

    A quanto pare, sperare è vano. Non so dire se non ci siano reti wireless o se i ripetitori sono troppo lontani dalla mia posizione, ma Sebastian non rileva nessuna rete, così come non mi indica emissioni elettromagnetiche di alcun genere, se non flebili segnali che posso associare solo ai cavi elettrici nelle pareti e nel pavimento. Sembra che nonostante tutto mi tocchi cercare un allaccio diretto alla rete, quindi faccio per mettermi in marcia, ma un sapore metallico mi bagna di colpo la lingua.
    Sangue.
    Sento il sapore del sangue. Sangue e qualcos'altro. Qualcosa di amaro.
    Mi piacerebbe poter dire che non ho idea di cosa sia questa sensazione, ma è passato poco tempo, troppo poco tempo, perché non riesca a distinguere il sapore di una persona appena "vista".
    E' la donna di prima. Quella armata di pistola.
    Quella circondata dal sangue.
    L'assassina.
    E si sta avvicinando.
    Non la vedo ancora, ma già so che è da sola.

    Li ha uccisi.

    E' l'unica spiegazione che mi viene in mente, e per questo mi accordo di aver paura. MOLTA paura. Ed anche rabbia. Due emozioni che non mi hanno mai aiutata a pensare lucidamente, ma alle quali non posso resistere. Per quanto quei bastardi della Majestic possano aver provato a cambiarmi, io resterò sempre un'umana, avrò sempre i miei maledettissimi limiti, e non potrò mai scordare il significato di "paura".

    Non voglio morire. Non è nei miei programmi. Per quanto mi sforzi di visualizzare la "scacchiera" della situazione per studiare la prossima mossa, l'unica cosa a cui riesco a pensare è che non voglio venire uccisa da una persona che ha il sapore del sangue. E mentre perdo tempo quel sapore si fa sempre più vicino, alimentando quei pensieri in un circolo vizioso.
    Alla fine non mi resta che agire d'impulso: tra le tante macerie che sono a terra prendo un paio di sassi: il primo lo lancio contro il lume più vicino, cercando la penombra.
    Non mi illudo, questo è un corridoio, più in là ci sono altre luci, non c'è possibilità di nascondersi o non essere viste. Ma se non altro la penombra renderà più difficile individuarmi.
    E l'altro sasso... l'altro sasso è solo un diversivo.
    Conosco l'equipaggiamento del mio nemico, una torcia ed una pistola, ed ho un vantaggio sul campo: io so che qualcuno mi è alle costole, e so da che parte arriverà. Non potendo nascondermi, l'unica cosa che mi resta da fare è lanciare il sasso poco prima che la torcia mi accechi, e poi correre verso di lei.
    Corpo a corpo.
    Presumibilmente, se ha una pistola, non è la sua specialità.
    Peccato: è la mia.
    Ed ho una baionetta.
    Uno spiraglio, un solo attimo di distrazione, quei pochi istanti che mi permetteranno di non farmi sparare addosso: non chiederò altro. Spero che qualcuno accolga la mia preghiera, e che mi permetta di infilare la lama nella gola dell'assassina.
    Almeno, redimerò la morte di due innocenti.
     
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    Shin Mokuma | 信 目まimmmy18 ANNI | MODIFIED-Z | FEMMINA♀ | SCHEDA Con un tono di voce austero, e che soprattutto non accettava scuse la donna esortò in modo abbastanza scortese - secondo i pensieri di Shin - i due ragazzi ad andarsene, ad allontarsi perchè quello era un distretto pericoloso. Dopo aver ascoltato attentamente Shin, fece lo stesso con il ragazzo al suo fianco. Egli disse la verità, ma ciò la fece innervosire. Con aria snob eclissò dai pensieri la domanda del biondo, facendo intendere che quelli erano affari privati, segreti della sua professione e chi la esercitava.
    Mentre parlava, la sconosciuta si portò proprio davanti a ciò che sembrava un vecchio edificio, per metà crollato. Dall'interno si scorgevano dei bagliori: presumibilmente l'impianto elettrico ancora funzionava. Questo non fece che alimentare le convinzioni di Shin, in fondo, quel locale diroccato era lì da chissà quanto tempo, come era possibile che le luci funzionassero ancora?
    Tentando di domare la rabbia che le percorreva il corpo e che non apparteneva a lei, Shin si leccò le labbra lentamente, per poi mordersi il labbro inferiore. Aveva tanta voglia di attaccar briga con quella donna - cosa certamente non da lei - ma sapeva che tutto ciò era l'effetto di quell'emozione che la stava consumando.
    Doveva essere forte.
    Improvvisamente, una specie di piccola esplosione viene registrata dalle sue orecchie. Non era una qualche combustione improvvisa: era più propriamente lo scoppio di un materiale vetroso. Proveniva dall'interno dell'edificio, che non fece altro che amplificarlo.
    Oltre che dal suono, Shin fu anche colpita da ciò che sentiva. Era certamente più calma di prima, anche se il nervosismo e la rabbia non si era placata, ma ora provava anche un forte istinto di sopravvivenza...Voleva scappare via.
    Da qualche parte nel suo animo, la paura scalciava per dominare sull'ira.
    La ragazza strinse le mani a pugno così forte, che le unghie scavarono qualche millimetro nella sua pelle, lasciando delle piccole mezzelune incise.
    Di istinto, prese per mano il ragazzo e corse via, senza mai lasciarlo, obbligandolo a correre.
    Dopo qualche minuto, si fermò, e col fiatone cercò di spiegare.
    <<C'è qualcosa che mi dice che non dovremmo essere qui. Andiamocene via...>>



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  14. RoxasDark
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    Drake Satoshi | ドレイク聡 (IMG:https://image.forumfree.it/6/1/8/9/1/0/7/13...03652.jpg")ANNI | TIPOLOGIA PG | SESSO | SCHEDA

    Che persona antipatica...
    Pensai stizzito, dopotutto ci eravamo semplicemente persi, non stavamo mica vandalizzando o entrando in quell'edificio; in ogni caso non mi sembrava una tipica guardia della Majestic, altrimenti sarebbe stata più severa nel mandarci via, quasta ragazza invece sembrava più che altro sovrappensiero.
    Comunque non avevo nessuna intenzione di ficcarmi in qualche problema, volevo sfruttare quel congedo temporaneo, sebbene ingiusto, come un opportunità per riposare, non per fare qualcosa di stupido o pericoloso.
    Stavo per avviarmi di mio alla ricerca di un uscita, quando sentii da dentro l'edificio una specie di esplosione, con del vetro, stavo ancora elaborando la cosa quando la ragazza più giovane mi afferrò la mano iniziando a correre a rotta di collo, facendomi quasi cadere.
    Arrancai dietro di lei per qualche metro, e poi mi ribilanciai poggiandomi a terra con una mano e spingendomi nuovamente in posizione eretta, correndo dietro di lei, dato che da come mi stringeva la mano ero quasi portato a temere che, se l'avessi mollata, mi avrebbe fulminato sul posto.
    Ehi... calmati! Rallenta!
    Dissi continuando a correre dietro di lei.
    <<c'è qualcosa che mi dice che non dovremmo essere qui. Andiamocene via...>>
    Disse lei dopo essersi finalmente fermata da quella folle corsa.
    Mi sistemai ii capelli guardandola con un sopracciglio inarcato.
    Beh... che non dovremmo essere qui ce lo ha appena detto la poliziotta...
    Dissi, poi, guardandola più da vicino, mi accorsi che era leggiermente impallidita.
    Ehi... sei sicura di stare bene?
    Chiesi avvicinandomi a lei, visibilmente preoccupato, non potevo farci niente, io ero un altruista per natura.
    Stavo ancora attendendo una sua risposta quando un rumore di stivali pesanti attirò la mia attenzione: dieci metri oltre la ragazza stava passando un agente della Majestic, con tanto di tuta antisommossa e armato di M4A1.
    Sta giù.
    Le dissi sottovoce, mettendole una mano sulla spalla e costringendola ad accucciarsi, mentre le facevo segno con il dito di parlare sottovoce, per poi indicare l'uomo.
    Questi non sono così gentili.
    Dissi a voce più bassa possibile.
    Purtroppo per noi però l'uomo era davanti a quella che sembrava l'unica uscita nel raggio di parecchio, e, l'unica altra direzione sicura, ora sembrava una serie di scale che si avventuravano sottoterra, nellle rovine.

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    Si lasciò alle spalle i due, la ragazza era molto impaurita era sicura che se ne sarebbe andata e dato il presunto buon cuore del biondo, lui l'avrebbe seguita per cercare di consolarla o cose simili, Sherlock non se ne intendeva di sciocchezze del genere, quindi lasciò cadere tutte le preoccupazioni riguardo all'avere due mocciosi tra i piedi e le rivolse al modo in cui farsi strada tra le macerie per arrivare dentro la struttura decaduta. Al momento il suo obbiettivo era quello e concentrò tutti i suoi pensieri sul da farsi. Meglio non far troppo rumore e non attirare l'attenzione... si disse mentre il suoi sguardo saettava a destra e a sinistra alla ricerca di un'apertura dentro la quale infilarsi.
    La porta è ormai inagibile ma l'anta sinistra sembra l'unica via da cui si può accedere senza dare troppo nell'occhio, la terra smossa, i pezzi di vetro spostati lontano dalla traiettoria di passaggio, danno l'impressione che qualcuno ci abbia già pensato. Probabilmente un corpo minuto, un uomo robusto non sarebbe mai riuscito a passare, col suo passaggio ha scostato i prezzi di vetro e smosso la terra. La teoria conferma le parole della civile spaventata di poco prima: non erano soli. Sherlock si mette in ginocchio, con la testa bassa e senza curarsi di sporcarsi o di rovinare le sue vesti, supera la porta. Una scheggia di vetro le graffia il palmo della mano, ma per un piccolo graffio non ha il tempo di fermarsi, pensa più che altro a prendere la pistola, che precedentemente aveva riposto nella sua fodera, e a togliere la sicura, in modo tale che in situazioni improvvise, come ci si aspetterebbe in un posto del genere, il tempo necessario a rimuovere le sicura non le costi la vita. Con i Modified in giro, non puoi mai sapere contro chi puoi avere a che fare.
    Si accosta al muro prima di continuare e fa sporgere il viso dall'angolo tanto quanto basta per permetterle di vedere un'ombra scattante. La ragazza diceva il vero e il fatto che fosse così spaventata forse dipendeva dalla pericolosità dell'individuo che si nascondeva scattante dietro quell'angolo. Il tutto lasciava supporre che fosse armato ma dopotutto aveva appena incontrato due dispersi e non poteva lasciare tutto alle supposizioni, dietro l'angolo poteva esserci chiunque: una guardia, un ladro, un teppista, un civile disperso. Tanto valeva utilizzare la solita carta, l'unica effettivamente, che aveva a disposizione, quella della polizia. Se fosse stato un ladro professionista probabilmente avrebbe attaccato ma lei era pronta ad ogni evenienza, per il resto, le altre probabilità ricadevano a suo favore, non aveva timore di chi avrebbe incontrato, aveva più paura di incontrare qualcosa di davvero pericoloso, qualcosa come Alex per esempio.
    Per ancora qualche istante si limitò a studiare il percorso e i suoi ostacoli. Le luci erano fiocche e tentennavano ad un passo dallo spegnersi, era strano che ancora ci fosse corrente, ma ciò alimentava le sue precedenti teorie sul fatto che all'interno si potesse nascondere qualcuno o si stava nascondendo qualcosa. Un esperimento, qualcosa di illegale, qualcosa che le permettesse di scoprire... La luce fievole gettava agli angoli qualche cono d'ombra, appostamento perfetto dove nascondersi, doveva puntare a quelli dunque. Il pavimento era ricoperto di rottami, vi erano dislivelli e buche, il passaggio era difficile e correre era rischioso, sarebbe potuta cadere e farsi male, ma sopratutto sembrava un capo minato di vetri acuminati e altri pezzi di metallo molto taglienti. Prese un profondo respiro e velocemente entrò nel corridoio gettando la luce della torcia agli angoli più ombrosi ma sopratutto la dove aveva intravisto l'ombra, in contemporanea la sua voce si sparse per l'ambiente, roca e profonda, non gridò ma parlò ad alta voce: « Polizia, gettate le armi e mettete le mani in alto! »


    Scusate tanto per l'attesa, davvero ç______ç
     
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